VIENI A SCOPRIRE LE NOSTRE LEGGENDE
INAUGURAZIONE MOSTRA
Mercoledì 06/12 ore 17 - Biblioteca
Movimente Chivasso
ENTRATA LIBERA
ALL'INAUGURAZIONE MANCANO:
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LEGENDS
Sabrina Sottile
Eventi d'Arte
Siamo un’associazione culturale che da 10 anni si dedica alla promozione di giovani artisti di talento. Progettiamo eventi culturali sempre nuovi. Amiamo spingere l'arte contemporanea al di là dei suoi confini tradizionali, per innovare ed enfatizzare ogni forma di dialogo con la musica, il teatro, la moda, il cinema ed ora anche la narrazione. Crediamo nella creatività, che è la nostra principale leva motivazionale, la nostra ragion d’essere. E oggi siamo orgogliosi di presentarvi la nostra ultima fatica: Legends. L’iniziativa è una mostra fotografica inedita, realizzata da Sergio Bertani.
La mostra vi proporrà un fantastico viaggio attraverso una terra ricca di storia, cultura e tradizioni millenarie: quella del Canavese. Una terra che desideriamo enfatizzare attraverso un racconto fatto di immagini ispirate ad alcune delle più popolari ed antiche leggende del luogo. Le stesse che sono state artisticamente interpretate per l’occasione da Sergio Bertani. Questa mostra fotografica, che parla di luoghi incantevoli e personaggi incredibili, speriamo possa affascinarvi al punto da spronarvi ad andarli a visitarli personalmente. Scoprirete un mondo bellissimo, dove la natura fatta di colline verdeggianti, boschi secolari e montagne incredibili, incontra la storia, le cui bellezze architettoniche (es. castelli, fortezze, abazie secolari) ne rappresentano l’evidente passaggio.
Denominazione ente beneficiario: ASSOCIAZIONE CULT. SABRINA SOTTILE EVENTI D’ARTE
Codice fiscale: 97762970016
Partita IVA (se posseduta): XXXXXXXXXXX
Legge 124/2017 e s.m.i.
Obbligo di pubblicazione dei contributi incassati da Pubbliche Amministrazioni
Denominazione della Pubblica Amministrazione che ha accreditato il contributo | Somma incassata | Data di incasso | Causale di incasso | |
REGIONE PIEMONTE | € 10.000,00 | 22/03/2024 | Acconto di assegnazione contributo 2023
Legge regionale 11/2018, art. 35, comma 1. Avviso pubblico di finanziamento per il sostegno alle Attività Espositive per l’anno 2023 iniziativa espositiva Legends |
SERGIO BERTANI
Biografia
Nasco a Torino, figlio degli anni ottanta. In famiglia ci sono sempre stati artisti: musicisti (sorella maggiore, zio, cognato) e pittori (papà). Io ho assimilato per osmosi un po' di questo e un po' di quello e non ho mai saputo scegliere. Quindi, dopo il liceo scientifico frequentato a Chivasso, mi sono laureato sia allo IED di Torino in Grafica e Arti Visive, sia al Conservatorio di Cuneo in Musica Elettronica.
Oggi vivo facendo il musicista (produttore e compositore) e il fotografo, principalmente per teatro, editoria e pubblicità.
Ho pubblicato alcuni dischi: menziono particolarmente il mio progetto solista Lucynine, con cui ho rilasciato un EP nel 2013, il disco "Amor Venenat" nel 2020 e un nuovo album sarà in arrivo nel 2024 per la Talheim Records Germany. Ho inoltre realizzato le colonne sonore di due cortometraggi pluripremiati:
- "Blocco E, IV Piano" del 2016, di cui sono anche autore dei testi e delle immagini, mentre la voce recitante è di Dario Penne (doppiatore di Anthony Hopkins, Michael Caine e tanti altri);
- "Engine of Time" del 2017, opera dei giovani registi Ilenia Locci e Fabio Loi, con la voce recitante di Riccardo Peroni. Per questo corto di animazione, oltre ad aver composto e suonato le musiche, ho curato anche direzione del doppiaggio, mix e mastering dell'audio.
Come fotografo ho collaborato con la rivista di musica classica Amadeus e sono partner ufficiale dell'etichetta discografica Da Vinci Publishing di Osaka e curatore d'immagine per l'attrice Gianna Coletti. Collaboro costantemente con agenzie, attori e teatri di Milano. Discretamente nomade, sempre precario, ma tutto sommato contento così.
LEGENDS
Il processo
fotografico di Sergio Bertani
Nel progetto Legends ho cercato di far sì che il vero protagonista non fosse l’elemento umano - presente in quasi tutte le immagini - bensì l’elemento suggestivo e narrativo. Sono un fotografo teatrale e nella mia tipologia di fotografia la componente scenografica è essenziale.
La tecnica con cui ho generato le 10 immagini di questo progetto è quanto di più lontano ci sia dal concetto di “congelamento di un istante”, un po’ erroneamente legato in modo indissolubile al campo della fotografia.
La macchina fotografica viene posizionata su treppiede e rimane immobile fino al termine della sessione. Scelgo l’inquadratura e la composizione, posiziono i soggetti e li illumino tramite flash radiocomandati e modificatori di luce come softbox, beauty dish, ecc. Dopodiché scatto una serie di fotografie dove luci e soggetti vengono prima messi e poi tolti e le luci vengono spostate in modo da illuminare altri elementi della scena.
Nel lungo processo di postproduzione il tutto viene assemblato, rivelando o eliminando parti della scena a piacimento.
DEL CANAVESE
Storie, miti e leggende
Il mito della grande fabbrica incompiuta di Barone Canavese
Nel centro di Barone, piccolo paese sul bordo meridionale dell’anfiteatro morenico canavesano, sorgeva un castello che era diverso da tutti gli altri, perché era incompiuto, con le sue mura di mattoni rossi, che si innalzava solo per metà della sua altezza e che, per questo, tutti chiamavano la “Grande fabbrica incompiuta”. Nel castello vivevano Beatrice e Guglielmo, nobili di un casato ormai in decadenza, che amavano moltissimo la loro dimora alla quale, ogni giorno, dedicavano molte ore di lavoro, senza portarla mai a compimento. Di tanto in tanto, la coppia si riposava nel bellissimo parco del castello e lì, seduti all’ombra della vecchia pianta di cachi, aspettavano il giungere della sera, intrattenendosi amabilmente davanti ad un bicchiere di buon vino. Non avevano bisogno del castello completo; ai due sposi bastava l'affetto che avevano costruito insieme alla loro dimora. Un giorno il Re di quelle terre, che aveva la fama di essere un gran manipolatore, sentì parlare della coppia e della “Grande fabbrica incompiuta”. Invidioso dalla bella storia d’amore, inizialmente egli si dimostrò benevolo, proponendo alla coppia di portare a termine personalmente e, a sue spese, la costruzione del castello e, in seguito, poterla irretire e sottomettere al potere della sua prepotenza. I due ignari sposi, dapprima accettarono entusiasti la regale offerta ma poi, prevedendo guai e sospettando le vere intenzioni del Re, cambiarono idea. Niente e nessuno al mondo avrebbe potuto, di fatto, compromettere la loro unione libera ed armoniosa; neppure per tutto l’oro del mondo. Con questo mito, ad essere rimarcata è l’importanza dei valori della libertà e della dignità personale, che non si dovrebbero mai né svendere, né perdere di vista.
La leggenda del guardiano delle acque di Chivasso
Per le fertili terre del Canavese, il Canale Cavour, che trova origine dalla presa delle acque di Chivasso, rappresenta da sempre il cuore dell'agricoltura. Le sue acque rigogliose ogni anno nutrono i campi circostanti, consentendo alle colture del luogo di prosperare. Un giorno invernale di tanti anni fa, quando la nebbia mattutina soleva avvolgere il canale con un manto di mistero, una figura luminosa apparve improvvisamente tra le brume. Tale personaggio etereo aveva capelli argentati, che risplendevano sotto i raggi del sole ed era vestito con un abito elegante, che sembrava fatto di luce stessa. La sua presenza era rassicurante e la nebbia si diradava intorno a lui, mentre passeggiava solitario lungo il canale. Questo spirito, che mai si separava dal suo prezioso bastone, adornato da un manico d'osso, divenne presto noto come il “Guardiano delle acque di Chivasso”. La sua missione era vegliare sulla presa del Canale Cavour e proteggerla da qualsiasi minaccia. Il suo compito era quello di garantire che l'abbondanza delle acque raggiungesse i campi circostanti, anche quando la nebbia avvolgeva il paesaggio. Tale leggendaria figura aveva il potere di far fiorire i campi in primavera, di garantire abbondanza nei mesi estivi e di preparare la terra per il raccolto autunnale. E fu così che, in un passato molto remoto, alla prima nebbia d'autunno di ogni anno, gli abitanti del posto iniziarono a riunirsi lungo le rive del Canale Cavour, per celebrare il “Guardiano delle acque” con feste e riti propiziatori. Era un modo per mostrare gratitudine per l'importanza del canale e per il custode solare che lo preservava, anche nei giorni più bui.
La storia del mulino di val presso Forno Canavese
C'era una volta un uomo di nome Giuseppe Val che aveva perso tragicamente il suo giovane figlio di nome Luca in un incidente stradale. Luca era appassionato di mulini a vento; di fatto, quando si recava in Olanda, trovava grande gioia nell’acquistare e collezionare piccole riproduzioni e visitare mulini autentici. Dopo la tragica perdita del figlio, Giuseppe decise di onorare degnamente la sua memoria; l’uomo voleva creare qualcosa di speciale, che potesse essere condiviso con altre persone e che lasciasse il segno nel tempo. Fu così che Giuseppe decise di costruire un vero e proprio mulino a vento. Con grande dedizione e passione, l’uomo si mise alla ricerca di esperti costruttori e finalmente, un giorno, trovò le persone giuste. In breve, una imponente costruzione iniziò a prendere forma. Era una vera e propria opera d'arte, perfettamente funzionante, con grandi pale che giravano al ritmo della brezza che soffiava sulla campagna circostante. Presto, la storia del Mulino di Val, che ancora oggi svetta nei pressi di Forno Canavese, si diffuse a macchia d'olio, richiamando visitatori e turisti provenienti da ogni luogo, solo per poterlo ammirare da vicino.
La leggenda degli amanti del castello di Montalto Dora
Si narra che nel Castello di Montalto Dora, ci siano due fantasmi che appaiono e scompaiono soltanto nelle notti di plenilunio. Alcuni invece sostengono di averli visti aleggiare in pieno giorno, simili a creature vive e perfettamente normali. Comunque sia, non c'è da avere alcun timore, perché sono fantasmi buoni e molto piacevoli a vedersi. Sono i fantasmi di Emma di Montalto e Guiscardo di Monferrato. Essi si amano da sempre. Pare si fossero conosciuti da bambini e subito giurati eterno amore. In seguito, cresciuti a sufficienza, divennero amanti, ma sempre in segreto assoluto, a causa dell'inimicizia delle rispettive famiglie. Tuttavia, un giorno infausto, Guiscardo andò da suo padre, per confessare il suo grande amore per Emma. Roberto di Monferrato intimò al figlio di non sposare la “sorella”, raccontandogli la falsa storia della relazione avuta con la madre di Emma, ormai morta da anni. Guiscardo non mise in dubbio le parole del padre e decise immediatamente di lasciare Emma. La fanciulla, disconosciuta e cacciata da suo padre, che ne aveva scoperto il segreto, disperata chiese invano aiuto all’amato, diventato nel frattempo cavaliere errante presso terre lontane, dove presto incontrò la morte. Il padre di Guiscardo, in preda ai rimorsi, decise dunque di confessare la sua orribile menzogna al padre di Emma che, sconvolto, andò in cerca della figlia, raggiungendola appena in tempo per vedersela morire tra le braccia. Ancora oggi, pare sia possibile vedere gli spettri di Emma e Guiscardo aleggiare nei pressi del lago sotto al castello, abbracciati e felici come al tempo del loro giovane amore.
La storia del castello di Montestrutto (Settimo Vittone)
C'era una volta a Montestrutto, piccola frazione di Settimo Vittone, un antico castello risalente al periodo ottocentesco che, dopo aver vissuto momenti di abbandono, cambiò il suo destino, grazie ad un ricco americano, recatosi in quei luoghi per trascorrere una breve vacanza. L'uomo, magnate di una fiorente industria, con un occhio allenato ad individuare le migliori occasioni di investimento, decise in breve di acquistarlo e di trasformarlo nella sua dimora estiva. La notizia della vendita si diffuse rapidamente tra gli abitanti del luogo, che furono felici di vedere il castello tornare a nuova vita. Durante i lavori di restauro, vennero riportate alla luce stanze nascoste, affreschi originali e dettagli architettonici, bisognosi di un attento recupero. Una volta completati i lavori, l’uomo trasferì la sua famiglia nella bellissima dimora, meta ambita per gli aristocratici di tutta Europa. Il Castello di Montestrutto divenne così una preziosa sede atta ad ospitare feste, concerti, esposizioni e perfino spettacoli teatrali. Il castello divenne presto un simbolo di rinascita e sviluppo per il territorio circostante, attirando visitatori da tutto il mondo. In seguito, il castello passò nelle mani degli eredi, che si impegnarono a preservare e valorizzare la loro eredità. Ancora oggi, tale antica dimora, che sorge silenziosa, sulla sommità di un promontorio roccioso, rimane un luogo magico dove, durante il tramonto, al passaggio di “stormi di uccelli neri”, è ancora possibile sentir echeggiare voci e suoni di feste passate.
La leggenda delle due torri di Pont Canavese
C’era una volta un antico paese canavesano, circondato dalle montagne, che possedeva due possenti torri, la Torre Ferranda e la Torre Tellaria, costruite in epoca medioevale a difesa della popolazione di quelle terre. Queste due torri, che si ergevano orgogliose verso il cielo, su due prominenze rocciose, pare fossero collegate l’una all’altra da una rete intricata di passaggi sotterranei, che nessuno conosceva, né aveva mai visto. Pare che gli stessi fossero abitati da una popolazione di vivacissimi gnomi e folletti, che avevano fatto di quei luoghi, freddi e bui, la loro casa ed il loro rifugio. Questi esseri magici, stabilitisi lì da tempo immemorabile, avevano creato un'affascinante comunità, nascosta di giorno, ma molto attiva di notte. Di fatto, tali gnomi e folletti, noti per il loro spirito giocherellone, solevano aspettare l’imbrunire per uscire dalle loro tane e fare dispetti di ogni genere alla gente del paese sovrastante. Spesso, si introducevano nelle case per rubacchiare oggetti di poco conto, o per lasciare caramelle e dolcetti ai bambini più buoni, oppure soltanto per giocare nella piazza del mercato con urla, risa e schiamazzi. Nonostante ciò, la popolazione di Pont Canavese imparò presto non solo ad accettare la loro presenza, ma anche a voler loro del bene, in nome di una convivenza cordiale ed armonica.
La storia della Masca di Rivara
La storia delle “masche”, come vengono chiamate le streghe nel dialetto piemontese, è stata una pagina oscura e spaventosa del nostro passato. All’epoca, le accuse di stregoneria si susseguivano incessantemente, portando ad aberrazioni incredibili e segnando secoli di superstizione, follia e terrore ovunque. I casi più noti di “caccia alle streghe” del Piemonte coinvolsero il Canavese e, nel XV secolo, il Castello di Rivara divenne la sede di uno dei più temuti tribunali dell’inquisizione di tutta la regione. Tra le tante storie e leggende locali, si narra che proprio a Rivara, viveva una giovane fanciulla di nome Betta, figlia della cuoca del Signore del castello del paese. Betta, che aveva dei bellissimi e lunghi capelli rosso fuoco, invece di occuparsi dei lavori domestici e dei suoi fratellini, preferiva passare le giornate gironzolando per il castello o nel parco dello stesso, a leggere libri di medicina che sottraeva di nascosto al suo padrone. Le voci sui suoi rimedi per guarire dagli acciacchi di stagione iniziarono a diffondersi in ogni dove. La fanciulla, invidiata da tutti per la sua bellezza ed il suo sapere, venne presto additata come strega del villaggio e, in seguito, imprigionata, processata e destinata al rogo. Nonostante Betta avesse messo le sue qualità di guaritrice apprese dai libri, a disposizione degli altri, il destino le fu avverso e non le permise di salvare la sua giovane vita. Ancora oggi è possibile vederla passeggiare silenziosa ed assorta nel meraviglioso parco del Castello di Rivara.
La storia di Teresa Belloc e di Villa Malfatti a San Giorgio Canavese
Villa Malfatti troneggia al centro della ridente cittadina di San Giorgio Canavese. Fu costruita all’inizio dell’Ottocento dalla cantante lirica Teresa Belloc, probabilmente su progetto dell’architetto Pechenino. Nel 1888 la villa fu acquistata dal barone trentino Stefano Malfatti di Monte Tretto e soggetta a radicale rifacimento. Da allora, la bellissima villa che domina un parco rigoglioso e verdeggiante, per non rischiare di perdere il suo fascino architettonico, non ha più subito interventi, se non quelli di ordinaria manutenzione ed è tuttora dimora dei discendenti Malfatti. L’edificio attuale è ispirato ad un disegno misto di classico e barocco, con due grandi terrazze che dominano sul lato esposto verso il fabbricato rurale. Sotto quella inferiore, si apre un grande atrio nel quale campeggia la frase latina “Amphion Thebes Theresia Villam”. Con queste parole e, richiamando metaforicamente il mito di Anfione, che con il suono della lira posizionò i mattoni per erigere il muro di Tebe, la bella ed eccentrica cantante lirica volle immortalare la costruzione della sua dimora, avvenuta grazie al successo acquisito dalla sua voce di grande interprete rossiniana.
La leggenda del tesoro nascosto di Castelletti Sant'Anna Boschi (Castellamonte)
Nel cuore del Canavese, sorge Sant’Anna Boschi, frazione di Castellamonte. Questa è una terra molto particolare dal punto di vista naturalistico, perché costituita da un’ossatura di roccia compatta che, in epoca preistorica, doveva essere stata una scogliera allungata in mezzo al mare giacché, attorno ad essa, ancora oggi, particolarissime colline di sabbie ghiaiose, di colore giallo-rossiccio, appartenenti al periodo quaternario, prendono forma. I così detti “Castelletti” erano abitati da una tribù antica e saggia, i Salassi. Un giorno, arrivò la notizia di un grande esercito romano che avanzava, con l’intento di conquistare e depredare le loro bellissime terre. Indeboliti dalle fatiche di guerre passate, i Salassi sapevano che non avrebbero potuto resistere all’invasione di un esercito così potente. Pertanto, prima di darsi per vinti, decisero di nascondere il loro tesoro più prezioso, proprio su tali colline, per preservarlo dall'avidità dei Romani che, seppur vittoriosi, non riuscirono mai di fatto a trovarlo. Per diverse generazioni, i Salassi mantennero gelosamente il segreto del loro tesoro nascosto, proteggendolo da ladri e furfanti. Alcuni sostenevano che chiunque l’avesse trovato avrebbe potuto cambiare il destino del mondo. Tuttavia, nessuno è mai riuscito a scoprirne il mistero. Ancora oggi, la leggenda vive nelle valli del Canavese; il suo eco rimane una testimonianza della saggezza e della forza dei Salassi e del loro tesoro inestimabile che giace nascosto da qualche parte.
La storia della rocca di Sparone e di re Arduino
Questa è la storia della Rocca di Sparone immancabilmente legata all'epica figura di Arduino marchese d'Ivrea, che fu incoronato Re d'Italia il 15 febbraio del 1002. La rocca è importante perché divenne sede e rifugio del suo esercito che, nel 1004, resistette vittoriosamente all'assedio di Enrico II° di Germania. Dopo il suo lungo regno, Re Arduino abdicò e si ritirò penitente presso l'abbazia di Fruttuaria di San Benigno, vestendo il saio benedettino; lì morì nel dicembre del 1015. Dopo la sua morte, la rocca divenne proprietà congiunta dei casati di San Martino e dei Valperga e, solo dopo una breve occupazione da parte del marchese di Monferrato, la stessa venne acquisita dal casato dei Savoia. La Rocca di Sparone venne definitivamente distrutta durante le lotte fra i Cesariani ed i Francesi. Oggi, i suoi ruderi, siti a fianco della Chiesa di Santa Croce, sono raggiungibili a piedi e visitati da molte persone; tra queste c’è chi giura che, nelle sere d’autunno, è possibile scorgere il fantasma del mitico primo Re d’Italia vagare con lo sguardo fiero e la spada sguainata.